Italia che ammalia

La geologia, il lato artistico della natura

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Non si esagera affermando che l’Italia è senza dubbio il paese che, più di ogni altro al mondo, racchiude in sé un’incredibile serie di caratteri, contenuti e specificità di assoluto valore e richiamo. Complessivamente tali peculiarità la rendono una nazione unica, in grado di proporre e di offrire, nei confini di un territorio di media estensione, un patrimonio di tradizioni e cultura, storico ed artistico, gastronomico, urbano e rurale, impossibile da eguagliare.

Se consideriamo che ogni città, ogni borgo, ogni località d’Italia, è il risultato di una sorta di stratificazione storica composta di strutture insediative spesso arricchite con prodotti artistici ineguagliabili, con prodotti ed effetti capaci di sovrapporsi nel tempo e nello spazio attraverso i secoli, se non addirittura i millenni… ebbene, saremmo riusciti appena a percepire la superficie di quell’immenso patrimonio rappresentato dalle spiccate unicità del nostro multiforme territorio. Sono unicità universalmente riconosciute, ma occorre aggiungere che sono apprezzate nella misura in cui siamo stati e saremo capaci, prima di tutto, di conservarle e valorizzarle, diffondendone, nei modi opportuni, la conoscenza.

Tra i molteplici patrimoni d’Italia ve n’è comunque uno ancora troppo spesso trascurato e raramente valorizzato. Si tratta di quel mirabile archivio tridimensionale rappresentato dalle successioni rocciose che, varie e mutevoli, costituiscono la tangibile testimonianza dei cambiamenti attraversati dal nostro territorio nel corso dell’ultimo mezzo miliardo di anni. I siti geologici (geositi) degni di nota, in quanto capaci di stimolare la curiosità e l’attenzione grazie a un discreto – a tratti eccezionale – valore estetico, sono alcune migliaia, distribuiti lungo la penisola e le grandi e piccole isole.

Ad essi si affiancano altrettante località capaci, con identica efficacia, di sedurre l’osservatore con la forza delle proprie morfologie, ipogee ed epigee, ognuna arricchita da un preciso significato da percepire, comprendere, assimilare. Mi piace definire la geologia (e con essa la geomorfologia che ne è parte integrante) come “il lato artistico della natura”. Un paesaggio non è arte solo quando è raffigurato con maestria. Si fa esso stesso archètipo del prodotto artistico.

In questa visione diventa artista colui il quale sa coglierne il significato e il fascino, scegliendo la giusta angolazione e prospettiva dalla quale osservarne i contenuti e le forme. Un fascino sottile, in grado di proporre suggestioni ma che al tempo stesso sollecita domande e chiede risposte.

La nostra Italia è ricca di opere d’arte, di vestigia storiche e preistoriche, di reperti e resti archeologici d’eccezione. Ogni cosa è tutelata, valorizzata e spiegata a beneficio del grande pubblico. Questo al fine di gratificarlo rendendolo partecipe e cosciente dei valori che lo circondano e che, per certi versi, dovrebbero anche renderlo fiero.

Ma l’Italia, grazie alle catene alpina ed appenninica e ai fiumi che le incidono e attraversano, abbonda anche di successioni rocciose splendidamente affioranti, cascate, grotte, forre, alvei fluviali, accumuli morenici, ventagli alluvionali,… che spesso attendono solo il momento e l’occasione di essere trasformate in conoscenza da mediare e diffondere. In altri paesi, dove i siti geologici degni di nota sono ridotti a poche centinaia, la loro valorizzazione è massima, tanto in senso divulgativo quanto didattico.

Al contrario, l’unicità geologica e geomorfologica che contraddistingue l’Italia è ancora parecchio sottoutilizzata. Eppure anche qui da noi qualcosa, negli ultimi tempi, sta cambiando. Si comincia a percepire un certo fermento, una sorta di incremento d’interesse verso quel patrimonio silente e onnipresente, dotato di un potenziale immenso, che aspetta solo di essere valorizzato e messo a frutto.

A questo proposito non si dimentichi la possibilità che tale ricchezza naturale, divulgata nei modi giusti e con i mezzi appropriati, si trasformi in volano per lo sviluppo sostenibile di molte aree montane attualmente in fase di declino e abbandono.

1Due sono le strade da percorrere per ottenere i risultati sperati: la via divulgativa e quella didattica. Il progetto di censimento dei geositi italiani, già attivo da qualche anno, e della successiva valorizzazione dei più idonei, è a cura delle singole Regioni che agiscono tramite i rispettivi Servizi Geologici coordinati a livello nazionale dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), un ente di ricerca controllato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

E’ l’iniziale corretto primo passo nella direzione della capillare opera di valorizzazione e divulgazione del nostro patrimonio naturalistico “abiologico”. Un parallelo intervento, finalizzato alla fruizione didattica, spetta e spetterà in primis, com’è logico, alle scuole superiori.

Verrà un giorno, forse non troppo lontano, in cui anche un particolare costone roccioso stratificato, un tipo particolare di erosione, una forra, un alveo fluviale, un ventaglio di alluvioni, si ammirerà nella stessa maniera in cui, oggi, si apprezzano i templi di Paestum, una scultura rinascimentale o un ponte di 3 km a campata unica.

Come di fronte alle opere d’arte o a quelle dell’ingegno umano, il cui fascino estetico è capace di stimolare nell’osservatore anche la ricerca di risposte, così, di fronte ai multiformi caratteri e aspetti di una successione rocciosa o di una peculiare morfologia, la ricerca di notizie sul significato, sulla genesi e sull’evoluzione, potrà diventare la logica conseguenza.

Con una dose di indispensabile speranza e ottimismo (e, spero, lungimiranza) vedo col tempo il territorio trasformarsi in un museo a cielo aperto; arricchirsi di tabelle e schemi comprensibili al grande pubblico, capaci di informare in modo chiaro e non farraginoso, di educare senza annoiare, di farsi leggere e non solo guardare. Tutto questo per coinvolgere e appassionare attraverso il sottile fascino della conoscenza.

Citazione

Venturini C., 2009 – Italia che ammalia. La geologia, il lato artistico della natura. Le Scienze Naturali nella Scuola, ANISN, 37, 67-68.

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